Archivi giornalieri: 7 gennaio 2018

I soprani neri – LA PIÙ ALTA

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Quando apparve tutte si impressionarono, non tanto per la bellezza e lo sexappeal che emanava, ma perché calò dall’alto con un paracadute rosso, vestita di jeans e pellame nero, vorticando paurosamente e cantando Carol of  the bells.

Tutte temettero si sfracellasse al suolo, e invece appoggiò un tacco nero a spillo su un masso appuntito e ne discese con disinvoltura stringendo la mano a tutte e presentandosi con voce soave e un po’ nasale: – piazére, piazére, anche voi qui per la selezzione? –

Teneva nella mano destra un tablet su cui scriveva con incredibile velocità e ogni tanto alzava l’occhione azzurro sciorinando una ricetta inventata lì per lì che consigliava a tutte di accompagnare con un buon sangiovese superiore. Il suo sogno era quello di aprire un ristorante in aperta campagna col nome “I tre porcellin” . Temeva il lupo, ma fino a un certo punto perché avrebbe dato da mangiare anche a lui creando una ricetta raffazzonata ad hoc.

Benché fosse alta, la più alta di tutte, portava tacchi strepitosi, svitabili e sguainabili. Qualcuno avrebbe detto che non poteva essere di questo mondo, sia per come era arrivata alla selezione, sia per la sua voce a metà strada tra il pozzo profondo dei misteri della jungla nera e il canto nordico gelido dei fiordi norvegesi.

fine della puntata

I soprani neri – LA FATINA

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Si distinse subito alla selezione perché nel buio il suo golfino luccicava. Fu lei la prima a sedersi e a rispondere alle domande della segretaria col dito sozzo nel salone freddo e inospitale dalle finestre enormi. I suoi orecchini brillavano e le compagne si sentivano rassicurate ad avere a fianco una così dolce fatina.

Sicuramente era capace di buone magie e sapeva volgere a proprio favore la cattiva sorte, ma la sua forza segreta stava sotto il golfino, e consisteva di un machete dall’impugnatura blu.

I suoi orecchini, che non toglieva nemmeno per andare a dormire, erano in realtà dardi semoventi che si attivavano all’intonazione di una nota in particolare, denominata  nonanota. I braccialetti, che cambiava spesso e con disinvoltura, erano corde allungabili di un particolare materiale prodotto nella provincia cinese di Shandong.

Quando doveva raccogliere le forze, per un concerto o un’avventura soprana, si ritirava in cantina ad assaggiare vini che conosceva a memoria, travestita da somellier. Ne usciva la sera con il machete spianato, intonando la nonanota e chiamando a casaccio tutti i numeri registrati nella sua rubrica telefonica.

fatina

 

I soprani neri – LA CASTANA CATTIVELLA

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Avrebbe potuto fare la velista con la sua passione per i viaggi e sarebbe stata una Ulissa perfetta se avesse seguito il suo istinto, ma preferì indossare i panni dell’ingenua cappuccetto rosso, prendere una cesta di fragole sul braccio e presentarsi alla selezione del CantEN.

Desiderava fare una buona impressione, stringere amicizie e stare in buona compagnia. La indispettì non poco il trattamento ricevuto dalla segretaria, nonché sapere che il maestro sarebbe arrivato chissà quando. Dentro di sé giurò subito vendetta nera e pronunciò una terribile maledizione, ma donò le fragole alle compagne di coro, che ricambiarono con gentilezza raccontandole ognuna la propria vita.

Si divertì con selfies e fotografie continue, senza mai rivelare che la vera specialità del suo smarthphone era di registrare i pensieri reconditi e ogni retroscena. In una stanza segreta della sua casa teneva infatti un marchingegno per la lettura integrale degli scatti, capace di tramutare in film le foto aggiungendovi pensieri e parole inconsce. Aveva per compagno fedele un gatto nero di nome Gregorio, che assecondava ogni sua follia.

Nel tempo sarebbe divenuta l’unica depositaria delle verità soprane, un punto di riferimento indispensabile per le indagini sui misteri del CantEN. Con jeans e maglioncino avrebbe spesso depistato la polizia, sgranando gli occhioni e sorridendo maliziosa, in tutto e per tutto complice e istigatrice di molti misfatti dei neri soprani.

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