Quando apparve tutte si impressionarono, non tanto per la bellezza e lo sexappeal che emanava, ma perché calò dall’alto con un paracadute rosso, vestita di jeans e pellame nero, vorticando paurosamente e cantando Carol of the bells.
Tutte temettero si sfracellasse al suolo, e invece appoggiò un tacco nero a spillo su un masso appuntito e ne discese con disinvoltura stringendo la mano a tutte e presentandosi con voce soave e un po’ nasale: – piazére, piazére, anche voi qui per la selezzione? –
Teneva nella mano destra un tablet su cui scriveva con incredibile velocità e ogni tanto alzava l’occhione azzurro sciorinando una ricetta inventata lì per lì che consigliava a tutte di accompagnare con un buon sangiovese superiore. Il suo sogno era quello di aprire un ristorante in aperta campagna col nome “I tre porcellin” . Temeva il lupo, ma fino a un certo punto perché avrebbe dato da mangiare anche a lui creando una ricetta raffazzonata ad hoc.
Benché fosse alta, la più alta di tutte, portava tacchi strepitosi, svitabili e sguainabili. Qualcuno avrebbe detto che non poteva essere di questo mondo, sia per come era arrivata alla selezione, sia per la sua voce a metà strada tra il pozzo profondo dei misteri della jungla nera e il canto nordico gelido dei fiordi norvegesi.