Le Nereidi – il pappo

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Stoica, che mangiava molta frutta e beveva poco, rubò dalla dispensa un chilo di patate. Le portò al campo santo in una sacca, scortata dai puttini che, per l’occasione, indossavano scaglie di pesce marcio. Senza farsi vedere dagli adulti prese anche qualche arnese dei tritoni e l’acciarino.

A passi lunghi e ben distesi, coi puttini che puzzavano evidentemente, entrò nel cimitero, sacca in spalla.

A quell’ora era deserto ( i becchini del virus stavano in pausa) . Si accampò vicino a un bosco di cipressi, coi puttini adesi. Svuotò la sacca, sminuzzò le patate, le mischiò con la terra fresca di morto, presa dai tumuli più recenti, poi ordinò ai puttini di mettersi in fila e ripetere delle parole che lei stessa sussurrava al vento. Gatti, animali vari, volatili e i bambini dei quartieri vicini alla foresta, comparvero all’orizzonte, attirati dalla puzza e dalla sua voce.

Stava preparando un pappo per il virus, si seppe poi.

Quando il pappo fu ben compatto lo posò sopra una stoffa adorna di perline, cavò un foglio dalla tasca e ci sputò sopra tre volte. Lo appallottolò, ingiunse le mani al petto e, imitata dai puttini e dai bambini, continuò a parlucchiare tra se e se.

Dopo il rito andarono tutti insieme nel bosco, fino al punto in cui Stoica aveva condotto le Nereidi la sera del #felzforfuture.

Lì ognuno fu libero di giocare un po’ prima che calasse il sole.

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