Le Nereidi accorsero per rianimare la bambina che in pochi minuti riacquistò coscienza e fu in grado, nonostante l’età, di dettare in etrusco le statistiche dei morti da virus, con le percentuali dei deceduti e dei guariti sul lungo periodo.
Era Stoica un’orfana che viveva per strada. Nessuno la voleva perché aveva l’abitudine di appiccare fuochi. Nonostante fosse venuta al mondo da poco, sapeva accenderli e domarli a seconda del fascino su di lei esercitato dai loro bagliori. Il fuoco è diverso a seconda del legno che utilizzi, spiegava alle nereidi, ha odore di pino di acacia di quercia, dell’erba che ci metti, di fiore o di cacca secca.
Le Nereidi, come da ordinanza dei dieci oneri, dovendosi occupare di malati e guarigioni, presero Stoica al villaggio, nonostante il parere contrario di Nettuno e dei tritoni.
Secondo Nettuno sarebbe stata un pericolo per tutta la famiglia. Quello sfrucugliare con il fuoco, proprio l’opposto della vita acquatica. I tritoni poi temevano di finire fritti.
Solo i puttini batterono (o battettero) le mani contenti. Stoica era giovane, come loro, e aveva un piglio consono al loro bisogno di esser mantenuti ben vigili e orientati.